In base alle riflessioni tratte dal Consiglio dei ministri nel dicembre 2001, ”[l]e riforme fiscali possono essere fatte per varie ragioni: per produrre più o meno gettito, per introdurre imposte nuove o per eliminarne di vecchie; per (ri)modulare la progressività; per rendere il sistema fiscale più efficiente o più neutro; per semplificarlo, cercando di ridurre i costi di amministrazione e di adempimento; per adattarlo ai cambiamenti che via via intervengono nella struttura della società e dell'economia, o per concorrere a determinarli. Generalmente una riforma fiscale profonda si fa per più di una, tra queste ragioni. A un certo punto, molti Paesi scoprono che il sistema fiscale che li caratterizza, un sistema che si è formato negli anni non è più capace di raggiungere una quantità sufficiente degli obiettivi desiderati. I sistemi fiscali sono come i giardini: hanno bisogno di potatura, di innesti, di cure costanti; talvolta di un nuovo disegno.”
Prescindendo da considerazioni di natura puramente botanica, l’Economia della Tassazione analizza
gli effetti delle riforme tributarie sulle scelte degli agenti economici.
Descrizione della seconda parte del corso
Gli ultimi decenni hanno registrato una crescente apertura dei mercati. In tale contesto, i governi nazionali sentono da un lato l'esigenza di coordinare tra loro le proprie politiche economiche, al fine
di ridurre le perdite di gettito derivanti da una eccessiva competizione fiscale. Dall’altro, essi paventano la perdita di sovranità che ne deriverebbe, rendendo così il processo di coordinamento lungo e laborioso.
La seconda parte del corso, incentrata principalmente sulla tassazione dei fattori produttivi mobili (capitale e redditi), mira ad analizzare l’impatto degli strumenti tributari in un’economia aperta.