Cosa bolle in pentola. Intervista al prof. Gianni Gilioli, presidente consiglio del corso di studio in sistemi agricoli sostenibili

Gilioli

  1. Ci racconta la sua ricerca?

Per riassumere direi che mi occupo di sviluppare un approccio quantitativo e multidimensionale alla valutazione della qualità degli alimenti, con un focus particolare sulla sostenibilità che è una di queste dimensioni della qualità, tra le più importanti, insieme alla sicurezza e al valore nutrizionale. In particolare, nelle mie ricerche propongo una visione basata sull’analisi dei processi, naturali e tecnologici, che lungo la filiera alimentare concorrono alla produzione del cibo e ne condizionano la qualità. L’obiettivo è comprendere come i diversi fattori interagiscono e possono essere gestiti per migliorare dal punto di vista quantitativo e qualitativo la produzione. Per esempio, per migliorare la sostenibilità del cibo lavoriamo per supportare produzioni che minimizzino gli input di materia ed energia, le perdite e le emissioni di nutrienti e gas e gli impatti sul capitale naturale. Una sfida non da poco… Io ed il mio gruppo di ricerca collaboriamo a questa sfida della trasformazione ecologica con quasi tutte le filiere del mondo agricolo, con particolare attenzione a quella lattiero-casearia e al mondo della viticoltura.

  1. Grazie alla sua attività di ricerca, lei ha ottenuto un finanziamento come partner di un progetto Horizon Europe nel cluster 6 “Food, Bioeconomy, Natural Resources, Agriculture & Environment”: può parlarci di questo progetto?

Il progetto BeXyl si propone di indagare le strategie per mitigare l’impatto della Xylella fastidiosa, un batterio responsabile del disseccamento rapido dell’ulivo che ha causato la morte di migliaia di alberi in Puglia ed è considerato una delle prime minacce all’agricoltura e alla sicurezza alimentare europea. Il progetto si propone di andare oltre la gestione dell’emergenza che ha caratterizzato fino ad oggi l’approccio alla Xylella per studiare strategie di gestione integrate (Integrated Pest Management) e combinare quindi tra loro le conoscenze e le risorse di controllo sviluppate negli anni. Si tratta di valutare l’interazione tra diverse azioni a seconda di vari parametri territoriali, coniugando diverse tattiche di contrasto per ottimizzarne l’efficacia; a questo scopo vengono usati strumenti di modellistica e delle piattaforme di supporto alla decisione.

  1. Come è nata e come si è sviluppata la sua partecipazione al consorzio?

Dal 2009 sono Scientific Expert dell’EFSA (European Food Safety Authority) di Parma; lì ho iniziato a occuparmi anche di Xylella e a entrare in contatto con ricercatori e policy maker di tutta Europa. Da quell’esperienza sono nati un paio di progetti, culminati poi in un convegno in Corsica nel 2019 dove si sono definiti i contorni della partnership. Un primo progetto presentato non è stato finanziato, è andata meglio al secondo tentativo. Vari elementi hanno contribuito alla selezione del progetto, tra cui l’origine geografica dei partecipanti e la presenza di “big player” della ricerca nel consorzio, ma l’elemento principale resta quello della proposta di un’idea ben articolata, innovativa, ma anche chiara e realizzabile, con un coinvolgimento serio dei diversi stakeholder: un’idea forte.

  1. Può raccontarci quali sono stati gli aspetti più difficili della preparazione del progetto, e quali invece quelli più entusiasmanti?

Forse la parte più impegnativa è stata far capire ai partner cosa significhi un approccio razionale e integrato per il controllo di un parassita, spiegar loro che la tecnologia deve essere al servizio di una strategia più ampia che consideri la realizzabilità ed il contesto. D’altra parte, far loro comprendere l’importanza della creazione di modelli strategici alternativi al servizio di una visione integrata è stato al tempo stesso l’aspetto più entusiasmante della preparazione della proposta.

  1. Il progetto è cominciato a giugno e durerà 4 anni, ne è quindi appena iniziata la fase di implementazione: come procedono i lavori?

C’è stato un leggero posticipo dell’inizio del progetto, spostato a settembre: è quindi davvero appena cominciato. Il 18 ottobre è previsto il kick-off meeting a Cordoba, in Spagna. Stiamo scaldando i motori e costituendo la squadra: un’operazione delicata, che richiede di parlare linguaggi diversi con persone diverse.

  1. Come influisce la sua ricerca sulla vita delle persone (cittadini – aziende – enti pubblici...), e come a sua volta la consapevolezza di questo ruolo sociale della ricerca influenza il suo lavoro?

L’ulivo in Puglia è una coltura con un ruolo importantissimo a livello umano, ambientale e produttivo, e queste tre componenti interagiscono fortemente tra loro in modi molto complessi: è fondamentale coinvolgere tutte le persone e gli enti interessati nella definizione degli scenari di gestione. Mai come in questo caso la ricerca è al servizio del decisore e di chi da quelle decisioni è direttamente coinvolto. BeXyl propone un approccio complesso e a tutto tondo che influisce su vari aspetti: a livello più basilare tocca la sicurezza alimentare, ma al tempo stesso si caratterizza per i legami con questioni territoriali, ambientali, socio-culturali, economiche e commerciali.

  1. Ha avuto difficoltà con la parte più tecnica della costruzione del progetto (WP, gannt, budget, ma anche elementi trasversali...)? Che supporto ha ricevuto dal Servizio ricerca di UniBS?

Fortunatamente il gruppo con cui lavoro ha una buona esperienza di bandi di questo tipo e la PI dell’ente capofila, l’Agenzia per la Ricerca Scientifica del Governo spagnolo, è stata sempre di grande supporto. Quanto all’ufficio ricerca di UniBS, abbiamo avuto un supporto costante, soprattutto per quanto riguarda quegli aspetti amministrativi, che sono per me più ostici.

  1. Cosa consiglierebbe ad un ricercatore che volesse presentare un progetto europeo?

Come ho detto, l’elemento principale di un progetto di questa dimensione è l’idea su cui esso poggia, che oltre ad essere ben articolata e ancorata alla realtà deve anche dialogare con le tematiche che stanno a cuore all’Unione Europea. L’altro aspetto fondamentale è quello della costruzione della partnership: bisogna riuscire a essere identificati come un esperto del settore che può portare vantaggi oggettivi al progetto, ma anche giocare di squadra, creare fiducia. Il partenariato è probabilmente l’aspetto più delicato, è un capitale da condividere e da gestire con oculatezza, comportandosi sempre con correttezza sia umana che professionale e ponendosi con un atteggiamento di collaborazione.

  1. Ha altri progetti in corso o nel cassetto? Quali obiettivi a lungo termine si è dato?

I miei attuali progetti sono legati al consolidamento dei corsi di Agraria in UniBS e alla costruzione di competenze transdisciplinari e approcci sistemici; per questo sto lavorando su altri progetti (tra cui PNRR, Horizon Europe e PSR) e collaborando con importanti aziende. In particolare, sul lungo termine mi interessa far crescere un gruppo di ricercatori che capiscano la rilevanza sociale della ricerca, che siano aperti e sviluppino un forte spirito critico per orientarsi nella complessità delle dimensioni che la ricerca scientifica tocca.

  1. Quali vantaggi ritiene di aver tratto dalla partecipazione a BeXyl, e quali vantaggi ne trae invece a suo giudizio UniBS?

Sicuramente questo progetto mi permette di consolidare i rapporti coi partner e rafforzare le competenze del mio gruppo di ricerca. UniBS, grazie a BeXyl, acquisisce una presenza significativa, nel contento europeo, su tematiche di gestione dei parassiti, ma anche di food security e di sostenibilità, sperando che possa diventare uno dei poli a cui guardare in questi campi. Stiamo inoltre lavorando a dei progetti sulla tematica della biodiversità che ci auguriamo possano entrare nelle tematiche di ricerca dell’Ateneo.

Intervista realizzata da Benedetta Collini, Servizio Ricerca e Innovazione

 

Ultimo aggiornamento il: 29/11/2022