La festa del Primo Maggio richiama alla mente la centralità del lavoro nella nostra Costituzione, che ne fa il fondamento della Repubblica, l’espressione più significativa della persona e della sua dignità e promette di tutelarlo “in tutte le sue forme e applicazioni” (art. 35). Un lavoro dignitoso e sicuro è la condizione essenziale per la partecipazione “all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” di tutti i lavoratori e le lavoratici (art. 3). Ma il Primo Maggio ci ricorda anche il prezzo che è stato pagato dai lavoratori e dalle lavoratrici di tutto il mondo per ottenere il riconoscimento dei diritti che oggi sono ritenuti inalienabili, come quello alla sicurezza, alla limitazione dell’orario di lavoro e a un salario dignitoso. Diritti spesso violati, anche nei Paesi c.d. evoluti, come ci dimostrano le statistiche sugli infortuni sul lavoro, il diffondersi della piaga del lavoro sommerso e la crescita esponenziale della povertà nel lavoro. Si tratta di emergenze che non possono essere ignorate e che vanno contrastate non solo con gli strumenti del diritto, ma con la crescita della consapevolezza che “il lavoro non è una merce”, come ci ricorda la Dichiarazione di Filadelfia dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, e che il contratto di lavoro implica il coinvolgimento della persona e, dunque, della sua dignità.
L’auspicio che mi sento di rivolgere in occasione di questa festa è che si possa proseguire nel cammino di affermazione della dignità del lavoro e nel lavoro per tutti gli uomini e per tutte le donne.
Cristina Alessi