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Giornata della Legalità | 23 maggio

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Il 1992 fu un anno drammatico, nella storia della repubblica italiana.  Fu l’anno dei più cruenti e feroci attacchi da parte della mafia, con due attentati vili e sanguinosi in meno di due mesi, a danno di uomini che dettero le loro esistenze per combattere Cosa Nostra e i suoi malaffari. Non fu neppure l’unico: nel 1993, l’anno successivo, gli attentati esplosivi proseguirono, seppure con modalità e obiettivi differenti.

Il 23 maggio 1992, nel tratto di autostrada compreso fra Palermo e il suo aeroporto, in località Capaci, 5 quintali di tritolo uccisero il magistrato Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro; altre persone rimasero ferite, oltre una ventina,  fra i quali i rimanenti agenti della scorta. 

L’attentato volle dimostrare la capacità organizzativa e offensiva di Cosa Nostra che, come acutamente scrisse Paul Ginsborg, recentemente scomparso, in questo modo “sperava di dimostrare la propria invincibilità e il destino ineluttabile che attendeva chi ne avesse intralciato il cammino”. Sia la morte di Falcone, sia quella di Borsellino del luglio successivo, furono certamente una vendetta per le sentenze comminate col maxiprocesso di Palermo del 1986/87, che riconobbe la colpevolezza di 344 imputati con l’emissione di 19 ergastoli, confermati dalla Cassazione nel 1991. Ma non solo. I capimafia vollero punire i magistrati che avevano capito che la battaglia contro la mafia si vince sul piano sociale (importantissimo l’apporto dei collaboratori di giustizia) ed economico. Falcone più volte sottolineò l’importanza di contrastare l’attività delle imprese mafiose o delle imprese contigue alla mafia, e mise in guardia sul rischio della non adeguata conoscenza del sistema affaristico di cui le mafie si nutrono, il cui possibile contrasto risiede in una assoluta, continua e intransigente fede nel principio di legalità.

A trent’anni dalla sua morte, l’Università degli Studi di Brescia ricorda il Dr. Giovanni Falcone, il suo valore professionale e umano, lo addita alla comunità accademica come mirabile esempio e afferma l’attualità del suo insegnamento, affinché nei settori della didattica, della ricerca e dell’impegno nel territorio costituisca sempre indice dell’unica strada da percorrere, senza tentennamenti o ambiguità.
 

Carlo Alberto Romano – Delegato alla responsabilità sociale per il territorio

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