La Costituzione italiana pone lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica fra i suoi principi fondamentali (art. 9), e li collega direttamente all’autonomia universitaria, alla libertà della scienza e dell’insegnamento (art. 33), al diritto allo studio (art. 34), mettendo in luce il loro valore fondativo dentro uno Stato di democrazia pluralista. La ricerca e la didattica accademica fanno dunque pienamente parte del progetto costituzionale, un progetto centrato sul pieno sviluppo della persona umana, sia come singolo sia nelle formazioni sociali dove si svolge la sua personalità.
L’Università – in specie l’Università pubblica – è l’istituzione per eccellenza chiamata, ad un tempo, all’elaborazione, alla valorizzazione, e alla trasmissione di un sapere critico e riflessivo. Essa si inserisce dentro il sistema scolastico, ponendosi al grado più alto di un percorso formativo che i Costituenti hanno inteso come il principale strumento di giustizia sociale, perché l’accesso ad un’educazione di qualità rappresenta un fattore determinante di mobilità sociale. Tant’è che la Costituzione fa dell’educazione un elemento essenziale persino della sanzione penale, confidando nella possibilità che, attraverso l’istruzione e la cultura, anche i condannati possano effettivamente reinserirsi nel tessuto sociale (art. 27).
Chi vive e lavora nell’Università presta perciò un servizio costituzionalmente rilevante sia sul versante della ricerca, grazie alla scelta, comunque libera, degli ambiti da indagare e dei temi sui quali sviluppare i propri progetti; sia sul versante della didattica, grazie alla capacità di coinvolgere una platea sempre più vasta di persone in quel disegno di crescita individuale e sociale che è la base e il futuro della nostra convivenza democratica.
Arianna Carminati
Dipartimento Giurisprudenza