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Il contributo del Dott. Paolo Colosio allo studio della fusione dei ghiacci in Groenlandia

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Groenlandia

Il cambiamento climatico è un fenomeno globale con effetti concreti sulla vita quotidiana di tutti noi. Tra le sue conseguenze più evidenti vi è la progressiva e inarrestabile fusione dei ghiacciai, che porta a ricadute sia a livello locale che planetario: dalla siccità, agli eventi climatici estremi, fino alla riduzione della biodiversità.

In questo contesto si inseriscono gli studi del Dott. Paolo Colosio, assegnista di ricerca del Dipartimento di Dipartimento di Ingegneria Civile, Architettura, Territorio, Ambiente e di Matematica (DICATAM) dell’Università degli Studi di Brescia, del gruppo di ricerca sulle risorse idriche coordinato dal Prof. Roberto Ranzi. Dopo aver approfondito il tema della fusione della calotta glaciale della Groenlandia durante il suo percorso a UniBs e successivamente alla Columbia University, il Dott. Colosio ha recentemente partecipato a un importante studio internazionale pubblicato a maggio 2025 sulla rivista Nature Communications

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La ricerca, guidata dal Prof. Andrew Tedstone dell’Università di Losanna, ha rivelato che una parte dell’acqua di fusione che si origina sulla calotta glaciale della Groenlandia non fluisce immediatamente verso l’oceano, ma viene intrappolata e in parte ricongelata grazie alla presenza di lastre di ghiaccio impermeabili sotto la superficie nevosa. Questo processo rallenta temporaneamente il contributo della Groenlandia all’innalzamento del livello del mare, fenomeno che oggi avanza a un ritmo di circa 8 mm ogni 10 anni, con la calotta groenlandese responsabile del 20% dell’aumento complessivo.

Il Dott. Colosio ha partecipato nel luglio 2024 a una missione in Groenlandia, contribuendo all’analisi dei dati satellitari utilizzati per identificare la fine della stagione di fusione. Lo studio ha stimato che tra il 2017 e il 2022 le lastre di ghiaccio hanno permesso il ricongelamento di circa 56 miliardi di tonnellate di acqua di fusione – una quantità superiore all’intero volume glaciale residuo delle Alpi svizzere.

Tuttavia, le proiezioni future indicano che, con l’aumento delle temperature atteso nei prossimi decenni, anche queste strutture naturali perderanno la loro capacità di trattenere l’acqua, contribuendo a un'accelerazione del flusso verso gli oceani.

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