Materiali intelligenti per rilevare e rimuovere inquinanti nelle acque: ricerca DII supera di due ordini di grandezza il limite EPA per i policlorobifenili

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Ideare nuove strategie per il monitoraggio e la bonifica ambientale e realizzare materiali capaci di adattarsi all’ambiente di utilizzo, rilevando la presenza di diversi microinquinanti direttamente nel sito di interesse, sono obiettivi essenziali per il controllo della qualità dell’acqua utilizzata per l’agricoltura e l’alimentazione, che è uno dei punti-chiave dello sviluppo sostenibile.

Una buona parte della ricerca in questo settore è focalizzata allo sviluppo di materiali e tecnologie semplici, sicure e a ridotto impatto economico e ambientale.

Il gruppo di “Chimica e Materiali Sostenibili” del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università degli Studi di Brescia ha recentemente pubblicato due lavori in cui sono riportati i risultati delle prestazioni di capsule di alginato, un polimero biocompatibile ricavato dalle alghe e approvato dall’FDA, contenenti antenne ottiche basate su nanoparticelle di argento, funzionalizzate con recettori capaci di catturare e rilevare diverse classi di microinquinanti persistenti.

Un primo lavoro (https://pubs.rsc.org/en/content/articlelanding/2020/en/d0en00990c#!divAbstract) ha dimostrato la possibilità di rilevare coloranti cancerogeni e farmaci in acque reali e di sfruttare l’attività fotocatalitica delle antenne ottiche per rimuovere alcuni antibiotici comunemente presenti nelle acque di scarico, attraverso la semplice esposizione diretta alla luce solare.

Un secondo lavoro (https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0009261421003572) si è focalizzato sull’utilizzo di tali materiali per la rilevazione ultrasensibile di policlorobifenili, i famigerati PCB, molto diffusi nel territorio Bresciano e nel sistema di canalizzazioni utilizzato per l’agricoltura. In particolare, questi materiali consentono di rilevare la presenza di tali inquinanti a concentrazioni molto basse (ng/L), due ordini di grandezza inferiori rispetto ai limiti previsti dalla legislazione corrente.

L’attività di ricerca si è svolta grazie al supporto del Laboratorio di Chimica per le Tecnologie (Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale) e del Laboratorio di Proteomica (Dipartimento di Medicina Molecolare e Traslazionale) dell’Università degli Studi di Brescia.